E’ passato qualche anno da quando ho smesso di lavorare. Ho dato alla società il mio contributo, si potrebbe dire. Ho fatto il mio dovere. Questi che leggete sono i miei pensieri. Spesso scorrono mentre sto seduta qui davanti alla finestra. Perché io scelga sempre questa postazione non lo so. So che quando il tempo si è messo a rallentare, dopo che ho smesso di lavorare, ho iniziato a percorrere le stanze passeggiando dall’una all’altra in modo inquieto finché non ho dichiarato la resa su questa seggiola davanti alla finestra. Dico la resa perché mi sembra che quel passeggio, quell’andirivieni fosse qualcosa che somigliasse ancora un po’ a una lotta. Un guizzo, uno scatto ribelle.
La finestra ora è chiusa, la stagione lo impone. Io a volte riesco a guardare oltre il vetro e vedo i tetti, i comignoli fumanti, i corvi che così, a volte e apparentemente senza ragione, cominciano a fare un baccano infernale. Ma col passare delle ore e il calare della luce si impone sempre più il mio stesso riflesso, il vetro mi imprigiona con la mia immagine e null’altro. Non crediate che poi distolga lo sguardo, non ci riesco. Guardo i miei occhi finché quasi mi sembra siano loro a guardare me. E poi ammutolisco.
Continua a leggere: