Archivio mensile:Maggio 2016

Il Personaggio Zeta pensa…

idiozia
toccami come toccheresti la corteccia spessa
di una quercia
allora potrai descrivere la mia rugosità
e poco altro.
dicono che parli benissimo di me
che sai quanti anelli mi strozzano le viscere
e conosci il volo dei corvi
la forma delle mie lettere
i punti le virgole
gl’intimi accenti
i suoni che creano la parola Pensiero 
di nascosto dalla mia voce
fuori dal mio capitolo
tutti ti chiamano dio
con una d fasulla che è rimasta bambina
e tu continui a chiamarmi con un nome che non è il mio.

Bianca Bi

vago presagio

vago presagio

come odore di pioggia lontana a saturare l’aria di tensione

vago presagio di toccarti solo l’ombra

di afferrare solo fumi in questa città in rovina

e mai poter dormire sui tuoi solidi incavi

c’è una densa nebbia che si oppone

come un’anomalia genetica

forse avanziamo a stento

nella cecità puerile di un’eclissi

forse è questo marchio

così maledettamente inconsueto

che m’hanno inciso sotto pelle

forse siamo in trappola nel lutto rancido

di un ventre morente

tu sei la mia storpiezza

la mia amputazione

ed io mi guardo andare nell’andare sfinito

lungo giorni che vengono a invecchiarmi

verso notti che mi raggiungono ingobbando

con l’andatura zoppa e traballante

con l’equlibrio incerto

di un moncone

 

Bianca Bi

Il personaggio Zeta pensa…

Liberta (‘)

c’è una smania d’ essere vento

ognuno sulla propria strada

un ululare contro pareti d’alberi e cemento

un ruggire rabbioso che agogna il mare aperto

qualcuno l’ha chiamata libertà…

 

una parola con qualcosa,

forse l’accento,

che mi s’infilza sul fianco

che mi espande lo stomaco

e lo gonfia di cenere e biancore

 

forse l’accento

che mi strozza con un filo d’arbitrio appeso al cielo

e prolunga le mie dita

d’interminabili rami

 

il cosmo, sapete, non si sta espandendo

sta inseguendo con infinita angoscia
la propria fine

così io afferro le reti che m’attorniano

non per rompere la mia prigionia

ma per toccare il luogo certo del mio confine(.)

 

Bianca Bi

La marezza

dimmi se c’è un modo di stare a bordo di pelle
senza quello sparpaglìo di cellule scucite
a sanguinarmi via, a esondare
ché non sopporto di starti tanto vicino
da sapere a memoria l’odore delle tue lacrime
tu mio mare che tutta mi fai di bellezza e mi distruggi
in quell’estasi mortale
del corpo che diventa acqua
bevuta dal tuo corpo
o  dispersa sotto un sole cocente.
mi chiedo se ci sia un modo di assaggiarti
senza affogare,
ma forse dovresti solo insegnarmi a nascere
un po’ alla volta
un po’ più all’ombra.

Bianca Bi